Una donna alla guida del termovalorizzatore di Parma: «Energia dai rifiuti. Il futuro sempre più sostenibile»

Stefania Sabatino, responsabile del termovalorizzatore di Parma
di Emanuela Sorrentino
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Mercoledì 24 Marzo 2021, 17:00 - Ultimo aggiornamento: 12 Maggio, 15:03

«Sono Stefania Sabatino, il responsabile del termovalorizzatore di Parma». Così si presenta l’ingegnere di origini campane alla guida dell’ultimo grande impianto di termovalorizzazione costruito in Italia, uno dei più importanti d’Europa. «Dare peso ad un articolo determinativo per sottolineare l’essere donna? Neanche per sogno. Il mio costante impegno, con il sorriso dei miei collaboratori, fa la vera differenza e mi gratifica ogni giorno», spiega l’ingegnere nel video della holding Iren, una delle più dinamiche multiutility italiane nei settori dell’energia elettrica, del gas, dell’energia termica per teleriscaldamento, della gestione dei servizi idrici integrati, dei servizi ambientali e tecnologici.

Dagli studi umanistici al lavoro di responsabilità nel gruppo Iren, da Vallo della Lucania a Parma. Come è stato il suo percorso?

«Un percorso anzitutto fatto di obiettivi, sfide, caparbietà e amore. Ho 44 anni, dopo il diploma al liceo classico e la mancata ammissione al corso di laurea in Odontoiatria ho pensato che l’altro mio desiderio era quello di costruire un futuro sostenibile, per far sì che tutti potessero usufruire delle risorse del mondo senza depauperarle. Mi sono iscritta alla facoltà di Ingegneria della Federico II a Napoli e ho conosciuto anche Valentino, il mio compagno. Poi sono arrivati un master a Potenza, un lavoro a Reggio Emilia in un impianto che oggi fa parte di Iren e il termovalorizzatore di Parma, il mio “figlio lavorativo” perché poi a casa mi aspetta sempre la mia principessa Isabella di 5 anni».

Iren è entrata nel Bloomberg Gender-Equality Index di cui fanno parte solo 380 aziende al mondo che, rispondendo ad alcuni puntuali parametri, garantiscono l’uguaglianza di genere. Orgogliosa?

«Orgogliosa perché mi sento parte della “famiglia Iren”, a prescindere dall’essere donna. L’azienda ci consente di esternare le professionalità di ciascuno indipendentemente dal nostro sesso. Sono fiera di essere donna e soprattutto una dipendente del gruppo. La differenza la fanno le persone, il loro modo di affrontare e gestire le situazioni lavorative. Sono consapevole del fatto che in altre realtà il ruolo delle donne è ancora visto come “diverso” da quello dei colleghi uomini, anche se la figura femminile magari ricopre incarichi di responsabilità.

In Iren non è così, la forza è la squadra. Mettersi insieme è un inizio, rimanere insieme è un progresso, lavorare insieme è un successo».

Come è la sua giornata tra termovalorizzatore e casa?

«Sono alla guida di 19 risorse, tutte maschili, che coprono diversi turni visto che questo di Parma è un impianto a ciclo continuo. Ogni squadra ha un responsabile capoturno, un addetto che alimenta l’impianto e un operatore esterno. Al momento sono in smart working, tuttavia quando arrivo nell’impianto mi accolgono con un sorriso: i miei uomini non mi hanno mai fatto sentire il peso, se così vogliamo definirlo, di essere donna. Anzi qualche tempo fa un mio collaboratore mi ha detto: “Un capo bisogna averlo, meglio di così non poteva andarci”. Poi, finito il lavoro, c’è Isabella a cui dedico le mie attenzioni e ovviamente mio marito, anche lui in Iren, nel settore della depurazione acque. Mamma, moglie e professionista sono ruoli che si completano. Un collega mi disse che sono un treno: effettivamente è così, non mi fermo perché sono determinata, soprattutto fiera delle mie origini meridionali».

La Campania, terra in cui l’inquinamento ha in molte zone coperto la vera bellezza. Ci pensa mai?

«Certo, ho sempre un contatto con il territorio: i miei genitori vivono a Vallo della Lucania e mia sorella con la sua famiglia a Napoli. Certe situazioni mi amareggiano, ci sono storie pregresse da curare: l’inquinamento diffuso delle discariche abusive ha fatto danni che ora bisogna tentare di contenere. Occorre pensare allo sviluppo impiantistico».

E anche alla sensibilizzazione della popolazione, no?

«Assolutamente. L’ignoranza della tematica, intesa come non conoscenza, è un danno, così come lo sono le strumentalizzazioni. I termovalorizzatori ad esempio sono necessari per chiudere un cerchio e per produrre energia. Con una corretta informazione gran parte del problema della gestione dei rifiuti si risolverebbe. E poi non bisogna generalizzare. In Campania ci sono isole felici in cui la differenziata registra percentuali altissime. Bisogna partire da questi piccoli grandi traguardi per un futuro sempre più green e sostenibile».

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