Amici mai, cantava Venditti. Ma quella è un’altra storia. Le storie, invece, al cinema e tv (vi farò alcuni esempi lampanti) sono altre.
Amiche sempre, sempre di più, sempre più forte. Dentro la trama femminile di Diamanti, che ha sbancato il box office l’anno scorso, un intarsio di amicizie e sorellanza; il cuore di Balene che ha sorpreso (qualcuno, non noi) in prima serata su Raiuno (viaggiando in parallelo con un’altra fiction La ricetta della felicità): Carla Signoris è protagonista di questo tratto di evidenziatore.
L’amicizia tra donne esiste, è forte e vince anche nel suo racconto. E allora parliamone: perché per decenni si è evitato di farlo, si è sempre messo l’accento sulla “a” di rivalità, nei rapporti tra donne. «Io sono sempre andata d’accordo con le donne e sono riuscita a costruire un buon rapporto. Perché non sono una competitiva, anche nel lavoro: ho trovato un sacco di persone carine».
Si deve avere un “talento” per l’amicizia?
«Frequentazione. Con Veronica Pivetti con cui ho condiviso l’esperienza di Balene è scattata un’empatia immediata, ma poi l’abbiamo coltivata oltre il set. Ci eravamo sfiorate, l’apprezzavo come professionista: ma dalla lettura a tavolino, prima del set, era pronto il rapporto, tutto chiaro. Anche dopo. E ora lo posso dire: ho trovato un’amica. Con la voglia di stare insieme: mi mette una grande allegria. Sa, io amo l’armonia. Sento le energie positive, quando sento che ho vicino persone che me le portano via, mi allontano, E sono una che ascolta tanto, più che parlare: forse è per questo che mi riesce facile. Sono una tipa di buon carattere. Che noia, no?».
Che barba, che noia: verrebbe da citare uno dei suoi modelli, Sandra Mondaini. No, Carla: ce ne fossero di Signoris…
«Io ho bisogno di armonia: lo stridore, il pettegolezzo, il suono della malalingua mi allontana. Non mi appassiono al gossip. Ci si sente al sicuro con una tipa così».
Una qualità che facilita, sul set come quello di Diamanti con tante prime donne.
«Lì, rispetto a Balene, conoscevo tutte. Ma ho visto il clima di donne che andavano d’accordo: davvero un coro. Con tutte loro ho girato solo le sequenze della tavolata, ma ogni giorno sul set si respirava e si raccontava – finalmente – qualcosa di diverso sulle donne amiche e colleghe».
Cosa?
«Le donne sanno stare meglio insieme, ora? Io dico che per troppo tempo, un tempo che è passato visti i successi di pubblico di cui stiamo parlando, ci hanno raccontato come persone che litigano, spesso rivaleggiano per contendersi un uomo, per apparire più forti di altre al cospetto della figura maschile. Era una visione davvero maschilista dei rapporti. Ecco, in questo tempo della mia vita, intorno a me, non lo vedo più questo. Io vedo tavolate di donne in pizzeria che fanno casino tra loro, condividono, ridono: in quelle trattorie vedi qualche gruppetto di ragazzi, magari usciti dal calcetto e dal padel».
Dai social alla tv: ecco le nuove protagoniste della stand-up comedy
Un mese fa su queste pagine parlavamo di comicità al femminile: di comiche e platee che vogliono ridere di se stesse e della loro visione di tutto.
«A teatro, al cinema, in libreria: guardatevi intorno. Vedrete sempre una grande maggioranza di donne: di uomini – specie a teatro – se ne trovano pochi, spesso anziani, magari trascinati. Oggi, come donne, magari anche grazie ad una rivoluzione cominciata tanto tempo fa da Vitti e Valeri, portata avanti da noi delle generazione della Tv delle Ragazze, ci prendiamo lo spazio della satira: la donna che ride non è più una “scostumata”. Nel mondo non è così dappertutto: in certi posti una donna che ride muore. Ma qui quel tetto di cristallo si è sfondato: leggevo che la parità arriverà solo tra 150 anni. Io le quote rosa non le amo, però, sono servite. La verità, vedendo ora molte più donne laureate, che mi piacerebbe per i miei figli un mondo in cui di questi divari non si debba parlare più. Il riequilibrio, anche nella cultura, è quello che serve».
A proposito di cliché: la bellezza e la comicità, lo chiediamo all’unica donna fondatrice dei Broncoviz.
«La bellezza era una gabbia anche per gli uomini: a Bramieri dicevano che se fosse dimagrito non avrebbe fatto più ridere; Jerry Lewis, uomo bellissimo, dovette deformarsi plasticamente per diventare Jerry. E le donne belle si dovevano solo far guardare. Oggi possiamo essere belle e simpatiche. E ridiamo con donne di talento: Michela Giraud, Aurora Leone… E quanto è brava Brenda Lodigiani, Arnera e tantissimo. Forse sono le figlie nostre, tutti siamo figli di qualcuno». Lei è sorella dei Broncoviz. «Marcello Cesena è davvero un fratello, ci sentiamo tutti i giorni. Sono madrina dei figli di Pirovano, con Dighero ci sentiamo sempre. E uno l’ho sposato, di quegli amici lì: Maurizio Crozza. Ecco, sono la spalla che consola per tante; Mauri è la spalla su cui mi poggio io. Veramente eravamo solo amici…».
L’amicizia che torna e che si trasforma.
«Non c’è cosa che non possiamo dirci, io e Mauri: sappiamo tutto di tutti e due. Un bacio furtivo a 20 anni, poi una pausa lunga fino ai 28 anni. Restava l’amicizia, poi l’amore e il matrimonio nel 1992. Nel frattempo io e lui abbiamo fatto le nostre esperienze: al nostro matrimonio c’erano più miei ex, tanti suoi amici, che parenti».
Genitori di due giovani adulti maschi.
«Leggo le storie sui giornali… È la responsabilità più grande che sento, come donna e madre. Io, incrociando le dita, dico che Pietro e Giovanni sono venuti su benissimo da questo punto di vista: vedo davanti a me due ragazzi gentili, giusti nel rapportarsi alle ragazze. Credo che l’educazione non verbale che abbiamo impartito con Maurizio sia stata un architrave: io e lui, anche quando litighiamo, ci rispettiamo a fondo. In Maurizio hanno visto un uomo che rispettava profondamente la loro madre. Ci conoscono, hanno capito che nella coppia ci sono pregi e difetti. Ma soprattutto, li vedo leali e generosi con gli altri. Convinti come noi che la strada lunga dell’onesta è l’unica da battere. Tutto può succedere nella vita, lo so, ma potrei dire: finora tutto bene. A casa nostra la furbizia e la sopraffazione dell’altro non sono considerati valori».
Torno all’amicizia e a Balene: non è solo una storia di amiche, ma anche una storia di sessantenni.
«Eh, ce ne siamo accorti anche in Italia: nei giorni scorsi è scomparsa Diane Keaton, ripensate al Club delle prime Mogli. Siamo diventate interessanti, anche quando ci aiutiamo. Io e Veronica portiamo sullo schermo ruoli vincenti di donne che fino a qualche tempo fa non sarebbero state raccontate: a quell’età in genere si raccontano tragedie o si fanno biografie per mostrare le donne dai 60 in su. Ecco, per una volta, non ero troppo giovane o troppo anziana. Per una volta ero troppo… giusta».
Sul lavoro questo “troppo” per chi fa l’attrice spesso è un incubo.
«Ora no, quando ero giovane qualche volta ho sofferto per un ruolo finito, magari, ad un’amica. Ma ho imparato, fa parte del pacchetto, a non guardarmi indietro, a non dire bugie e a non dire “te l’avevo detto”. Perché non mi ricordo».
Come Dory, il pesce Disney cui ha dato la voce.
«Io sono Dory: è, forse, il personaggio che mi somiglia più di tutti».
Una ispirazione per Signoris?
«Susan Sarandon per le sue scelte, tutte. Da Rocky Horror Picture Show a Thelma&Louise. Mi ci sarei vista in Rocky Horror…».
A chi sente di dovere qualcosa?
«Ai miei genitori: mi hanno avuto che erano anziani, ma sono stati così aperti. Mi hanno lasciato seguire i miei desideri anche quando non li conoscevo. Ci hanno trasmesso un bel modello di genitorialità e famiglia e noi proviamo a fare lo stesso».
C’era un piano B?
«Mi sarebbe piaciuto essere psicologa: mi piace ascoltare, capisco il non detto, mi immedesimo. Ecco, l’avrei fatto per mestiere. Io riesco a sentire quello che c’è dietro quanto mi raccontano. A proposito di amiche: io ed Elena Sofia Ricci siamo l’uscita perfetta. A Elena piace tanto parlare, parla sempre e io so ascoltarla proprio bene».
© RIPRODUZIONE RISERVATA