Ute Ehrhardt con il suo celeberrimo saggio non c’entra niente, lo usiamo per differenza in questa intervista: le brave ragazze vanno in Paradiso, le cattive dappertutto.
Anche le brave ragazze (o quelle a cui non dispiace se le definisci così, specie se sono ragazze brave a fare tante cose, tutte molto divertenti) possono andare dappertutto. Aurora Leone è in giro per l’Europa con uno one-woman-show, radici a Caserta e rami nelle grandi capitali (Tutto Scontato – Rivisto e Scorretto riparte il 20 novembre a Napoli, tocca Roma l’11 dicembre). A Lol, ha rischiato di sbancare. In conduzione di Italia’s Got Talent (finale in diretta su Disney+ il 31 ottobre nel programma che la lanciò nel 2019).
E con i The Jackal, l’equipaggio che sta terremotando (partendo dal web) la comicità e la serialità di commedia italiana, arriva alla prima serata su Raidue in formazione Fantastici 4 (Ciro, Fabio, Fru e Aurora). A 26 anni questa outsider sta arrivando dappertutto. In un tempo in cui la nuova tv (che comprende anche i visual social) è tv di ragazze. Che riempiono teatri e fanno ridere.
Verrebbe da citare un grande programma del trapassato: oggi le comiche.
«Siamo in tante a prendere la scena, ma non siamo una wave. L’onda poi s’infrange, qui c’è una locomotiva che è partita. Specchio di una nuova generazione e – per fortuna – di una nuova modalità di stare al mondo. È cambiata la figura femminile e quindi ci prendiamo spazi anche nella comicità. Non deve stupire più se ci prendiamo gioco e il gioco, senza essere legate al cliché della mamma responsabile. Intraprendenza, è la parola».
Aurora, lei non ama sentir parlare di “comicità al femminile”.
«Esatto: io guardo il mio pubblico a teatro e vedo famiglie. L’altra sera un signore di 70 anni mi ha detto: non ridevo così da tempo. E non vorrei essere portavoce di qualcun altro. Piuttosto testimone di come io cambio: il primo spettacolo di stand up l’ho realizzato a 17 anni, parlavo della mia famiglia. Oggi, dopo 9 anni, ci sono più spazi, ma per me resta la voglia di raccontare storie».
Una volta lei ha parlato di comicità responsabile.
«Oggi mi faccio più problemi di quel debutto a Caserta davanti a 100 persone che conoscevo tutte e tutte conoscevano me. Lavoro per non autocensurarmi: parlo di politica, di Israele e Palestina, ma resto una ragazza responsabile. Quando feci il colloquio con The Jackal chiesi di poter mantenere questo spazio tutto mio nei teatri».
Aurora, le piace molto scrivere. Soprattutto ai suoi miti.
«Mio padre, grande consigliere di comici e sostenitore, mi fece scoprire Bergonzoni e i suoi giochi di parole. Gli scrissi una mail piena di calembour, avevo 16 anni. A Cattelan, che ora è a Italia’s Got Talent, è legato il mio sogno: un giorno vorrei condurre un late show come il suo. Ho scritto anche a lui, a 18 anni, ora me lo trovo a fianco e sono stata sua ospite: abbiamo riletto la mail in tv…».
E come sarebbe l’Aurora Leone Show?
«A me piace ascoltare gli altri: prendo spunto dalle tavolate di mia nonna, con zii, cugini, mamma, papà e mio fratello gemello. Ecco l’ascolto lì è fondamentale, prendi spunto per la tua comicità. Poi ci metterei l’amore. Sono grande fan dell’amore».
Grande fan dell’amore: non è un’ovvietà, anzi.
«Nel mio pantheon c’è Notting Hill, ma soprattutto Questione di Tempo: in quel film ci sono le parole che mi sono rimaste, “prendetevi una persona gentile”. Io ho avuto la fortuna di crescere in una famiglia e con persone che mi hanno circondato di amore: ammiro come i miei genitori ancora oggi si cerchino, abbiano il piacere di vivere esperienze belle insieme. E di portare anche me e mio fratello in vacanza con loro, qualche volta: bello, organizzano tutto loro… In ogni caso loro e la nostra chat di famiglia sono un grande spunto per il mio spettacolo. E ora lo sarà anche per un video con The Jackal».
Gemella di Antonio.
«Elemento decisivo, per me: grazie a lui, veterinario, il vero candidato a diventare ricco della coppia di fratelli, ho imparato a stare coi ragazzi da quando sono piccola. Da quando sono nata, ho qualcuno con cui confrontarmi».
L’altra famiglia sono i Jackal: lei ha aperto le porte al femminile in quel linguaggio e anche ad un salto generazionale.
«Funzioniamo per questa commistione di sensibilità: il regista dei nostri film e serie social, Francesco Ebbasta, mi ha sempre chiesto: ma tu, da donna, come la vedi questa scena? Io ci ho aggiunto, coi nuovi attori che arrivano, il punto di vista di una ragazza di 12-13 più giovane dei fondatori. Poi la macchina The Jackal, manager, comunicazione, è molto al femminile. Io e i più giovani siamo nati con i social, io il Cattelan di Mtv me lo sono perso: siamo la frontiera del cambiamento».
A proposito di generazioni, i ragazzi della sua età come li vede?
«Simili a me: una generazione a cui mancano riferimenti nostalgici fortissimi come quelli che hanno vissuto gli Ottanta e i Novanta. Noi abbiamo Disney Channel: a noi, rispetto ai fondatori di Jackal ad esempio, manca quel senso di un tempo in cui non c’era tutto. Difficile fare i conti con la nostra iperstimolazione: se avessimo avuto un “ai tempi nostri” lo citeremmo volentieri».
Il ritratto che sta emergendo, glielo dico Aurora, è quello di una sostanziale brava ragazza… Che faccio, lascio, avrebbe detto Christian De Sica?
«Speriamo, non me lo devo dire, ma me lo auguro. La trasgressione forzata non mi convince, credo nell’uso consapevole della trasgressione (e qui verrebbe da citare Zucchero, non mi azzardo però, ndr). Non ho tatuaggi: sono trasgressiva anch’io».
Per motivi anagrafici dovrebbe aver saltato l’epopea della Tv delle Ragazze, ma quali sono i riferimenti di Aurora Leone?
«Gli spettacoli di Teresa Mannino, Paola Cortellesi e i programmi di e con Virginia Raffaele. Poi c’è Fiorello: la sua preparazione per arrivare a quelle improvvisazioni che non sono mai casuali. Non posso dimenticare un numero con Giorgia a Stasera Pago Io: quel cazzeggio leggero è la cifra a cui tendere».
Preparati a improvvisare: capita spesso alle donne, anche nella vita.
«Quello che trovo insopportabile è la pretesa dell’inappuntabilità: ci sono dei meme su Instagram in cui si scrive sotto la foto “Madre che fa la spesa” e a fianco un uomo al supermercato con lo slogan “Superpapà”. In questo l’ironia e la nostra comicità è utile: se non centro gli obiettivi che mi assegnano gli altri, ci creo uno spunto comico».
Presto su Raidue con un programma che ricorda “Chi ha incastrato Peter Pan”.
«Faccio pratica con i figli degli altri: rispetto al gigante Bonolis, dobbiamo scegliere bimbi più piccoli, oggi a 9 anni i ragazzini ti mettono in tasca. Interagiremo con quelli di 4-5 anni per candid camera e situazioni paradossali».
L’idea della maternità c’è nell’orizzonte di Leone?
«Io me lo auguro: vorrei, un giorno, essere io l’organizzatrice di quelle tavolate da 20 delle nostre domeniche a Caserta. Ma sono indietro nella parmigiana, rispetto a mamma. Ci arriverò».
Caserta e Napoli.
«Fa ridere che io, pur nascendo a Caserta e non nella Napoli dei grandi comici e attori, non sia riuscita neanche ad essere la più famosa della scuola: lì, prima di me hanno studiato Toni Servillo, Francesco Piccolo e persino Saviano…».
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