Giuseppina Di Foggia, ad di Terna: la prima donna al timone di un colosso di Stato. «Il segreto, non mollare mai»

«Lavorerò e studierò di più». Così, una sfida dietro l’altra. Fino all’ultima, quella che l’ha portata più lontano, dove nessuna era mai arrivata.

Prima donna alla guida di una grande partecipata dello Stato come Terna, la società quotata che gestisce la rete elettrica italiana. «Lavorerò e studierò di più», per Giuseppina Di Foggia è un mantra. «È quello che ho fatto, ho detto e continuo a dire a me stessa – come ha ripetuto altre volte – di fronte a qualcosa che sulla carta è più difficile». Questo incarico lo è, e si rinnova l’impegno a fare meglio di quanto abbia mai fatto, con una responsabilità in più, quella della prima volta di una donna. Ma il metodo resta quello, coltivare le competenze, una filosofia di vita che ispira ogni passo della sua carriera costruita guardando al mondo e a quello che ancora non c’è e va cercato. È il fascino della tecnologia, «un magnifico gioco al rialzo, ogni innovazione apre il cammino alla successiva». E ogni gradino porta all’altro, anche nella vita professionale, perché il futuro non si eredita, «non sono nata Ceo», come ama sottolineare l’ingegnera elettronica, e nemmeno s’improvvisa, ma si costruisce con tenacia e curiosità. Il segreto? «Non mollare mai, non arrendersi mai», la lezione che la manager ha più volte affidato alle giovani in cerca di una strada, scegliete le materie Stem, raccomanda da sempre. È stata la sua chance, e vorrebbe che fosse quella di sempre più ragazze, perché la parità, sa bene, passa anche per numeri e algoritmi.

IL TRAGUARDO

La prima ad, dai tempi di Marisa Bellisario, nominata nel 1981 amministratore delegato di Italtel, quando a una dirigente – confidava lei stessa – si richiedeva di «nascondere il fatto d’essere donna. Mi criticano per il trucco, il biondo platino, i gioielli e i pantaloni». E ci sono voluti 40 anni per rivedere una manager a capo di una società pubblica. Con ben altri numeri, stavolta: parliamo di Terna, un gruppo da oltre 5mila dipendenti e 16 miliardi di capitalizzazione di Borsa. Un “ritorno” in Italia per Giuseppina (Giusy) Di Foggia, romana di 53 anni, sposata e con due figli, che ha sempre lavorato in contesti internazionali. Con l’orgoglio e la consapevolezza del peso della nuova sfida.

LA PROMESSA

C’è una data decisiva, in questa ascesa, e non è quella della nomina (il 13 aprile scorso). È l’8 marzo 2023. Nella Sala delle Donne di Montecitorio viene inaugurato un nuovo allestimento, con la foto della premier dove prima c’era uno specchio. Ne resta solo un altro, di fronte al ritratto di Giorgia Meloni, e lo riflette: lascerà il posto all’immagine della prima donna Presidente della Repubblica. Meloni indica, in quell’occasione, un nuovo traguardo: «La sfida non è quante donne siedono in un consiglio di amministrazione. La sfida è quando avremo il primo amministratore delegato donna di una società partecipata dallo Stato. È uno degli obiettivi che mi do». Promessa mantenuta, la scelta cade, come si vociferava sin da subito, sull’ingegnera numero uno di Nokia in Italia. E dire che nei sogni da bambina di Giuseppina c’era tutt’altro. «Volevo fare la cantante come Whitney Houston e avevo una passione per la moda e per gli stilisti come Armani», ha confidato a Formiche.net. «Ma ho sempre avuto curiosità anche per le materie scientifiche, ad esempio medicina. E così, dopo il liceo, ho deciso di iscrivermi a ingegneria elettronica con l’idea di specializzarmi in telecomunicazioni». Spinta dal fascino per «le scoperte che hanno prodotto cambiamenti improvvisi e repentini nella vita dei popoli, migliorandola». Laurea alla Sapienza di Roma, e poi via dall’Italia. «Con una borsa di studio della Comunità europea ho realizzato, per la tesi sperimentale, un simulatore di una rete radiomobile di terza generazione. E ho completato il percorso negli Usa con il master in Professional Project management allo Stevens Institute of Technology», ricorda la manager intervistata a Radio24 da Maria Latella. Ad non si nasce, appunto. Come dire, non sono le quote rosa ad averla portata fin lì, ma le competenze, «se mancano quelle, manca lo sviluppo». E ci sono voluti 25 anni di esperienza nelle telecomunicazioni (in ruoli di ricerca, sviluppo, vendita e gestione operativa e strategica) per conquistare la vetta: dall’aprile del 2020 ad e vicepresidente di Nokia Italia e Country manager per Malta, dal primo gennaio scorso, anche Head of business development for South and Central Europe. Bel traguardo per l’ingegnera entrata nel 1998 come direttore tecnico in Lucente Technologies, diventata Alcatel-Lucent (nel 2006) e dieci anni dopo Nokia. «Lavoro in un’azienda che ha generato 9 premi Nobel», scherza con gli studenti. «E io partendo dalla ricerca e sviluppo sono diventata ceo». Non solo. Di Foggia (inserita da Forbes nella lista delle 100 donne più influenti d’Italia nel 2021) fa parte dell’advisory board Investitori Esteri di Confindustria, del consiglio generale di Anitec-Assinform e del consiglio direttivo di Assolombarda. È anche nel cda della Luiss Business School, in quello di Cefriel e nel board dell’Executive Mba della Lumsa. Nel 2021 il presidente della Repubblica Mattarella l’ha nominata Cavaliere del Lavoro e ai CEO Italian Awards è stata premiata come migliore Ceo nella categoria Tlc.

LA LEZIONE

Ma c’è la vita, oltre la carriera, un marito e due figli, e non è semplice metterla d’accordo con il resto. Ma far tutto si può, basta seguire la terza regola. «A parte studio e impegno è importante organizzarsi bene anche fuori dal lavoro. E scegliere compagni di vita e amici che abbiano la grande sensibilità di convivere con la nostra personalità», le parole dell’ad a Radio24, nella trasmissione “Nessuna è perfetta”. «Mio marito è persona di grandissima intelligenza e sensibilità». E dall’alto dei tanti soffitti che ha sfondato, la manager può anche dare lezioni di futuro. Ragazzi, ragazze, non esitate a «sfidare i pregiudizi e a puntare su un percorso Stem che fornisce le competenze essenziali per affrontare qualsiasi prova», non si stanca di ripetere la ceo che non ama la ribalta e crede nel lavoro di squadra, «le organizzazioni sono necessarie, ma le idee non hanno gerarchie». Quasi una missione, quella di sostenere i giovani, con progetti in scuole e università. «Noi che occupiamo posizioni rilevanti abbiamo anche il dovere di aiutare i giovani a collocarsi, aiutandoli a scegliere gli studi migliori». La formazione fa tanto ma non basta, poi c’è la carriera, e qui sogni e ambizioni a volte si arenano, «i numeri non aiutano le donne», più si sale e meno sono. «Ma alle giovani dico di non arrendersi, quello che ripeto sempre a me stessa». 

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