L'attrice Ludovica Martino: «Per sfondare oggi serve talento. Il #MeToo? Ci ha salvate»

I suoi compagni di scuola andavano a nuoto, facevano pallavolo, studiavano chitarra. «Io invece fin da piccola prendevo lezioni di recitazione, ho sempre sognato di fare l’attrice», racconta Ludovica Martino, 24 anni, romana della Balduina, oggi uno dei volti giovani più amati e richiesti del cinema e della tv. La serie Skam Italia in cui aveva il ruolo dell’introversa Eva Brighi, film come Il campione, Sotto il sole di Riccione, Security, Carosello Carosone, Lovely Boy, Mio fratello, mia sorella, videoclip, premi e una serie Netflix top secret ancora in lavorazione hanno fatto decollare velocemente la sua carriera di “rising star”, stella in ascesa. Faccia espressiva e capacità di sintesi, liceo classico al Tacito, una laurea in Interpretariato e Traduzione grazie alla quale parla correntemente inglese, spagnolo e russo, Ludovica incarna la generazione dei Millennial che hanno le idee chiare, una forte motivazione e la voglia di costruire il proprio futuro senza scorciatoie o compromessi.

 

Perché ha deciso di laurearsi?

«Fino ai 18 anni mia madre mi aveva proibito di affrontare dei provini, voleva assolutamente che studiassi. E appena mi sono iscritta è arrivato il primo lavoro, la serie Tutto può succedere. Eppure sono riuscita a frequentare l’università incastrandola con gli impegni del set, non so come ho fatto ma mi sono laureata con 6 mesi d’anticipo. Ora sogno la seconda laurea in psicologia».

Cosa la attrae del lavoro d’attrice?

«La possibilità di sentirmi libera, giocare con i ruoli e stare bene. Se hai un po’ di equilibrio, se sei una persona centrata puoi davvero divertirti».

In cosa voi attori ventenni siete diversi dai colleghi più anziani?

«Innanzitutto abbiamo più possibilità di lavorare: grazie all’esplosione delle piattaforme, le produzioni si sono moltiplicate. Ma hanno anche alzato il livello della qualità. A differenza del passato, non c’è più spazio per i successi improvvisi e improvvisati: oggi per sfondare serve il talento. Il sogno di tutti non è diventare famosi grazie a un reality tv ma interpretare belle storie, personaggi credibili».

Rispetto alle generazioni precedenti avete l’arma dei social e lei su Instagram ha oltre mezzo milione di follower: cosa rappresentano?

«Non sono stati “costruiti” dagli esperti di marketing, sono venuti in 10 anni di lavoro e oggi mi seguono per quello che faccio. I social rappresentano un potere ma al tempo stesso una grande responsabilità: dal momento che mi seguono anche ragazzi giovanissimi, non posso dire sciocchezze o veicolare messaggi sbagliati».

Ha dei modelli tra le attrici famose?

«Sì, ma sono tutte inarrivabili: Meryl Streep, Anna Magnani, Kate Winslet…».

Che significa per un’attrice giovane lavorare al tempo del MeToo?

«Il movimento ci ha salvate: oggi per le donne ci sono più rispetto e attenzione. Sul set sono tutti più rispettosi e non si fanno battute sessiste».

Lei è mai stata molestata?

«Mai. Non ho ricevuto nemmeno avance. Se fosse capitato, avrei lasciato il cinema. Sul lavoro sono molto fredda, non do confidenza agli uomini. È sempre stato chiaro a tutti che sul set porto il mio lavoro, non la mia persona».

 E che rapporto ha con il lavoro?

«All’inizio è stato totalizzante, mi occupava 24 ore su 24 e non riuscivo a prendere i miei spazi. Ora ho imparato a mettere avanti il mio equilibrio, i miei affetti. Ho passato gli ultimi 6 mesi fuori casa per lavoro e ho capito che il mio mestiere è bellissimo, ma serve anche il tempo libero per sé stessi».

La sua è una generazione delusa dalla politica?

«Siamo quelli della ricostruzione, stiamo mettendo a fuoco e ricentrando molte cose. Noi giovani abbiamo scoperto l’impegno per l’ambiente: a differenza dei cinquantenni ci viene naturale fare la raccolta differenziata. C’è tanta informazione anche grazie ai social».

Tra gli attori ci può essere amicizia o la competizione è più forte di ogni legame?

 «Un po’ di competizione nel nostro lavoro è sana ma per non esagerare occorre un buon equilibrio emotivo. Io ho imparato ad essere fatalista: se non riesco ad avere un ruolo, significa che un’altra attrice era più giusta di me».

Come si vede tra 10 anni?

«Anche se sto costruendo la carriera che ho sempre desiderato, vivo ogni film come se fosse l’ultimo. Faccio un mestiere precario per definizione, ma spero di continuare a lavorare sempre meglio spaziando tra esperienze e ruoli diversi. Insomma, voglio avere un percorso variegato. È il sogno che coltivo da tutta la vita».

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