Tosca: «Quel bustier rosso per Sanremo e i gioielli antichi. Mai senza una collana scaramantica»

I vestiti? Un modo per trasformarsi, assumere altre identità, ed essendo i miei spettacoli un insieme di musica e teatro, sono fondamentali». Parola di Tosca, artista che ci ha abituato, nel corso degli anni, ad una femminilità scissa in due anime: da una parte quella più incline a giocare con il costume – grazie alla collaborazione collaudata con lo stilista Franco Ciambella – dall’altra capace di scavare nella memoria, e rievocare look passati alla storia, come lo smoking à la Marlene Dietrich che ha indossato sul palco dello scorso Festival di Sanremo. Un dualismo che convive, serenamente, anche nel suo armadio.

Ma come è iniziato, il suo rapporto con la moda?

«Già da ragazzina, quando i vestiti erano un simbolo di appartenenza politica. Negli Anni 80 se eri di sinistra indossavi le Clarks, se invece votavi a destra erano obbligatori piumino e Camperos. Posto che da giovane sei ancora alla ricerca della tua identità, e quindi ti capita di “spaziare”, a prescindere dal partito, ho sperimentato moltissimo: erano gli anni dell’esplosione di maison romane come Fendi, dei maglioncini di Fiorucci, dei kilt con gli spilloni. Poi, da adulta, ho scoperto una doppia anima: una parte esistenzialista, “armaniana” – e infatti ho spesso collaborato con Giorgio Armani – e un’altra più “scenografica”, interpretata dalle creazioni di grandi come Romeo Gigli».

E oggi? Durante questa pandemia, ha fatto acquisti dei quali si è pentita?

«Durante il lockdown, ho scoperto Vestiaire Collective, il sito dove acquistare vintage e abbigliamento second-hand: è stata una rivelazione. Ho comprato degli stivaletti Miista, neri, con stampa cocco, tacco grosso: le mie amiche si sono messe a ridere pensando che un pezzo così eclettico non lo avrei mai indossato. E invece le ho messe a tacere, perché sotto i jeans sono bellissimi, e non me ne sono pentita».

Con Sanremo alle porte, c’è stato uno dei look delle tante edizioni alle quali ha partecipato, che conserva ancora nel suo armadio?

«Sì, uno realizzato da Franco Ciambella, con il quale lavoriamo pensando ad abiti haute couture: era un vestito rosso con bustier e bottoncini. Lo tengo lì, anche se dubito ci saranno ancora occasioni per indossarlo».

L’accessorio che si è regalata quando ha voluto premiarsi per un risultato raggiunto?

«Mi piacciono molto i gioielli antichi, quindi dopo essermi sottoposta ad un’operazione in ospedale, la prima della mia vita, ho deciso che dovevo regalarmene uno: sono entrata in questa bottega antica a Roma, dove sbirciavo sempre senza decidermi a comprare, e ho acquistato un anello inglese dei primi del ‘900 con pietra blu. La mia ossessione però sono quelli scenografici: ho una collana bellissima con corni, realizzata da Amlé, brand partenopeo, che gioca con la scaramanzia».

Quello che invece le è stato regalato a cui tiene maggiormente?

«Dei pezzi che appartenevano a mia nonna, una signora di una eleganza assoluta, emigrante di ritorno dagli Stati Uniti: non aveva mai un capello fuori posto. Per lei sentirsi in ordine aveva a che fare con il concetto di dignità: conservo delle sue scarpe Chanel aperte sul retro e una borsa in coccodrillo».

Il pezzo che indossa quando vuole sentirsi sicura di sé?

«Dei pantaloni neri acquistati in un piccolo laboratorio romano, Puntini Puntini, gestito da una ragazza tedesca, Simone Birk».

Cosa non vede l’ora di rimettere appena potremo uscire a cena?

«Una camicia di Antonio Marras con un maxi colletto».

Il pezzo acquistato durante un viaggio al quale è affezionata?

«Uno smoking vintage di Max Mara scovato in un negozietto nel Marais di Parigi. Un pezzo dall’allure Anni 30, essenziale ed elegantissimo».

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