Lorella Cuccarini: «Torno al Festival di Sanremo. Ma niente monologo, non se ne può più»

Non si dice no alle cose belle. E per Lorella Cuccarini la chiamata di Amadeus per il suo quinto (e ultimo?) Sanremo è una citazione cinematografica: più Blues Brothers che Padrino.

È in missione per conto di un’idea di spettacolo che unisca un Paese che l’ha vista come “la più amata”. Una serata da conduttrice, come con Pippo Baudo, suo pigmalione, 31 anni fa. «Perché Pippo scelse me in quel provino nell’85, non me l’ha mai voluto rivelare: occhio da Baudo, anche nel valutare l’equilibrio. Mi ha messo su un treno in corsa, io poi non ho sbagliato fermata. Quando lui dice “l’ho scoperta io”, per me è bello, se lo può permettere».

Mi permette di citare una battuta di Gomorra? Si riprende quello che è suo all’Ariston.

«Non è proprio così, dai. Non ci sono cose dovute nella vita. Ci sono invece sorprese come la chiamata di Amadeus all’ora di cena. Solo che io e la mia famiglia quando mangiamo teniamo i cellulari in un’altra stanza. Alle 22.30 ho richiamato e lui già dormiva… Poi la mattina alle 7.30 del giorno dopo mi fa questa manifestazione di affetto. E che gli dico no? Però ero incredula: all’Ariston magari si coinvolgono personaggi nuovi, che facciano parlare di loro, magari non presentatori di ruoli: penso alle sportive o alla stessa Ferragni di un anno fa. Comunque io gli ho detto: ma come t’è venuta, Ama? E lui mi fa: per il mio ultimo festival, almeno per ora, voglio una grande festa con gli amici. Con quelli che capisco guardandoli negli occhi. E io mi sono commossa. Bella squadra, consolidata e che ha qualcosa in comune. Giorgia, Teresa Mannino, poi Mengoni e il finale con Fiorello: siamo gente che ha lavorato tanto e tanto seminato».

Un’ispirazione, la chiamata di Amadeus, venuta dall’esibizione al fianco del giovane Olly, un anno fa: una botta di adrenalina di una ragazzina di 58 anni che cantava e ballava “la notte vola”.

«Che devo dire: era un assaggio di Cuccarini. L’esperienza da tutor di Amici mi fa sentire nel posto giusto quando sono al fianco di un ragazzo che deve sfondare. Io quella sera ho visto il telefono scoppiare e non capivo bene: io sono così ogni sera a teatro o anche da Maria De Filippi. Credo nell’esempio della passione: io ne ho ancora una che mi accende. Oggi, con l’esperienza, è anche passione da madre. E quei ragazzi, quelli del Festival o di Amici, hanno l’età dei miei figli. Ci metto qualcosa in più, nel ruolo che svolgo ora in questo mondo dello spettacolo».

Lei a Sanremo, oltre alla conduzione del 1993 e alle partecipazioni in gara, ha anche dato scandalo col famoso abito-chitarra pensato da Luca Tommassini e il nude look visto solo dalla Clerici.

«Ecco, appunto, una cosa che non avrò sarà l’ansia da prestazione (sorride, Lorella, ndr). Quell’abito, chiamiamolo così, davanti a 15 milioni di italiani ha fatto un po’ rumore».

Che tempo è questo per Lorella Cuccarini?

«È la stagione in cui insegno l’entusiasmo. A teatro e con la squadra di Amici sono un capocomico. E ho imparato a fare un passo indietro per lasciare il palco a ragazzi e ragazze. Non ho più il fisico e la tecnica di 30 anni fa quando ballo, ma ho tanto altro. Io penso a Tina Turner e Liza Minnelli: giganti fino a tarda età. Non è il tempo di guardare, per me: se c’è da spaccare, io resto una numero uno, sono la Cuccarini. E sentire lo sguardo dei ragazzi dietro il palco o la risposta in platea conferma la mia etica della passione. C’è un patto da rispettare: la cosa più bella è sentirsi dire dopo uno spettacolo “quando c’è Lorella, io vengo a vedere a scatola chiusa”. Dentro quella scatola io ci metto onestà e il massimo impegno. Una popolarità come la mia te la devi meritare».

Persino “la più amata dagli italiani”. Non solo per spot.

«Ma io a quello slogan non ho mai creduto. Amata sì, mi sento amata. Il “più” fa più paura che piacere». Di moda, poi un po’ meno, poi ancora sulla cresta dell’onda. «Dopo 40 anni di carriera lo posso dire: io sono un classico, come quei capi d’abbigliamento che sembrano aver stancato, poi tornano in passerella. Per evitare queste montagne russe, ho scelto sempre di non puntare solo sul lavoro per sentirmi pienamente Lorella. Ci vuole intelligenza emotiva per avere sempre qualcuno o qualcosa a cui tornare. All’inizio ho avuto un successo folgorante con gli show in tv, ma mia madre mi ha tutelata, protetta da un fuoco che poteva bruciarmi e che invece ancora arde. Sono una coi piedi per terra, da sempre. Persino parsimoniosa».

Parla spesso di sua madre.

«Papà è andato via di casa quando avevo 9 anni. Mamma era una sarta, lavorava per mettere insieme il pranzo con la cena. Le cambiali per comprare la tv a colori o l’enciclopedia per studiare. Mangiavamo pasta e patate, ma ho un ricordo di quella infanzia – dopo la fine delle liti tra mamma e papà – di gioia, serenità, sorrisi. Mamma è stata anche un ottimo padre di famiglia. E mi portava a teatro: nel 1974, piccionaia del Sistina, per Aggiungi un Posto a Tavola... Dorelli, Bice Valori, Panelli. E io che per i 50 anni sarò Consolazione: che onore e restituzione…».

Ha parlato di sorriso: qualcosa che fa parte dell’immagine di Cuccarini.

«Se lo aspettano da me. Non sorrido solo a chi mi ha fatto molto arrabbiare. Mi sento da bicchiere mezzo pieno, da sempre. Questo fa bene ai miei figli e anche a quelli acquisiti di Amici, sa?».

Una famiglia unita, quella che ha costruito.

«Viviamo ancora tutti insieme, ma siamo molto indipendenti e a nessuno vengono posti limiti. Ho lottato tutta la vita contro le etichette che affibbiavano a me, figuriamoci se le tollero sui miei figli».

Vita da capocomico, ma ha mai avuto la sensazione di essere pagata meno di un uomo?

«Io ho sempre pensato di guadagnare moltissimo: quando mi arrivò la prima paga, 500mila lire, per Fantastico 6 mi sembrava un’enormità per una abituata a fare i lavoretti per campare. I primi soldi li ho subito reinvestiti nel mio lavoro: lezioni nelle migliori scuole di danza a Broadway… La verità è che di quanto guadagnano gli altri non mi è mai fregato un granché. Ma so che in tv conta l’immagine, che vuol dire ascolti e pubblicità, contratti. Sono dati oggettivi: sei pesato per quel che generi, non per il genere… È una valutazione democratica».

Nella sua carriera anche polemiche sui temi della politica, sui rapporti con colleghi e colleghe. Pane al pane e scintille.

«Io mi ritengo una persona onesta: quando succedono cose ingiuste, raccontate in modo scorretto non mi tengo e reagisco. Mi assumo la responsabilità di cosa faccio e dico, a volte sono stata esposta per cose mie rivelate da altri. E ho reagito ad una società pettegola. Ma è un altro tempo per me. In un momento come questo, in cui è troppo facile metterci contro, io scelgo quello che ci unisce: Sanremo è qualcosa che unisce il nostro Paese. È una grande occasione per partecipare ad una festa grande».

Con o senza monologo?

«Niente discorsetto. Non se ne può più: non è obbligatorio, secondo me, parlare di cose che con lo show non c’entrano. Parliamo, ognuno, con il nostro mestiere. Siamo persone fortunate, che ogni anno vincono la lotteria: guadagnano facendo per mestiere quello di cui sono appassionata».

Il 2023 è stato una canzone triste e arrabbiata per le donne?

«Se ripenso a Caivano o a Giulia Cecchettin penso che sia stato un anno difficile non solo per le donne, ma per il Paese. E quel 25 novembre è stato diverso perché hanno partecipato, e tanto, gli uomini. Non mi piace la divisione donne di qua, uomini di là. Ci sono tanti uomini sensibili, che sanno come trattarci e parlare con noi: figli, mariti, amici, fratelli e padri fantastici».

E il 2024 che canzone sarà?

«Si deve ancora scrivere, quella canzone».

Per tutto il resto, c’è Sanremo.

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