Marisa Parmigiani, Fondazione Unipolis: «Empowerment delle donne grazie alla cultura. Così cambiamo anche le città»

La realtà rappresentata dai numeri del World Economic Forum non è etica, giusta e nemmeno sostenibile. La vulnerabilità delle donne e il rischio di perdere il lavoro nei momenti di crisi, per loro, è superiore del 24% rispetto agli uomini e per raggiungere la parità di genere ci vorranno altri 135,6 anni. «È un problema sociale e di sostenibilità enorme, non possiamo permetterci penalizzazioni tanto significative nell’accesso e nelle condizioni di lavoro. È la discriminazione più grave in assoluto, perché genera anche minusvalenze in termini economici e di perdita di competitività», riflette Marisa Parmigiani. Head of sustainability & Stakeholder management del Gruppo Unipol, direttrice e consigliere delegato della Fondazione Unipolis, dal 1996 si occupa di responsabilità sociale a livello nazionale e internazionale, tema sul quale ha una intensa attività editoriale, pubblica saggi e articoli, tiene lezioni universitarie.

 

RIGENERAZIONE URBANA

Marisa Parmigiani guida Unipolis con impegno e passione, il compito della Fondazione è supportare idee innovative per la crescita culturale, sociale e civica delle comunità. «E quando ci occupiamo di questioni che riguardano le donne e la parità di genere, ci troviamo a combattere ancora contro i pregiudizi – afferma – Uno su tutti: il carico della cura della casa e dei figli è di competenza femminile. È uno stereotipo che impedisce alle donne di dedicarsi alla loro professione a tempo pieno. L’Italia purtroppo in questo è molto indietro rispetto agli altri Paesi». Per lei «bisogna lavorare anche sulla formazione delle donne, è la cultura alla base della crescita». Ed è quello che la manager fa ogni giorno a capo di Unipolis, il suo ruolo è definire le priorità, scegliere i progetti e seguirne lo sviluppo. Regola numero uno, spiega, è «non farsi prendere dalle fascinazioni». La Fondazione riceve un progetto al giorno, «la selezione è fondamentale e per garantire coerenza per prima cosa ho voluto definire linee triennali omogenee con l’attività del gruppo: benessere, mobilità, lavoro e cultura, che per noi è la quarta gamba della sostenibilità. Non c’è sviluppo sostenibile senza cultura». Da questa convinzione è nato “Culturability”, obiettivo del programma è sostenere centri culturali nati da processi di rigenerazione urbana, laboratori di idee e progetti ad alto impatto civico e sociale. Dal 2013 sono stati indetti sei bandi, stanziati 2 milioni e 460 mila euro, il piano 2020-2022 mette a disposizione 600 mila euro e ha già premiato quattro centri: l’ecomuseo urbano Mare memoria viva di Palermo, Farm cultural park a Favara, le serre dei giardini Margherita di Bologna e Mare culturale urbano a Milano. «Sono centri culturali nati dal basso con due caratteristiche: la riconversione degli spazi e la cultura come innovazione sociale. Questi due aspetti caratterizzano il nostro modo di operare», sottolinea Marisa Parmigiani. Altro aspetto determinante è l’empowerment della capacità dei ragazzi. «Supportiamo la loro organizzazione a consolidarsi sotto il profilo manageriale. Abbiamo realizzato un’indagine sull’impatto del bando Culturability sui centri culturali sostenuti e abbiamo capito che, per far crescere una struttura, non basta che sia capace di aggregare persone ma bisogna faccia vivere esperienze culturali di qualità». Magari intercettando le persone senza aspettare che siano loro a scoprire un centro culturale. Tra i progetti del cuore (e non ancora realizzati) della direttrice di Unipolis, uno riguarda i festival. «Ne abbiamo sostenuti alcuni, credo sia uno degli strumenti più efficaci per portare la cultura a chi non la segue. Offre performance che magari non vedresti mai. Noi seguiamo già chi fa performing art, mostre itineranti o reading, mi piacerebbe fare lo stesso con alcuni festival non di nicchia ma nemmeno troppo grandi per aiutarli nella crescita».

MODELLO ROTTERDAM

Arte, teatro, musica, crescita sociale ma anche mobilità. Per Marisa Parmigiani la cultura è il filo rosso che intesse la nostra vita quotidiana e da questa convinzione è nato “sicurstrada”, piano per la mobilità sostenibile e per città migliori, dove la strada è un bene comune. «È uno spazio pubblico da gestire, che supera il vecchio modello delle macchine in carreggiata e dei pedoni sui marciapiedi. Noi promuoviamo iniziative che vogliono diffondere una cultura della strada». E dunque. «Il monopattino elettrico, così come è stato promosso, non ha nulla di sostenibile senza strutture adeguate per percorsi di media distanza, con piste dedicate e differenziate rispetto alle biciclette. Su questo mezzo di trasporto c’è insicurezza totale». Unipolis, nell’ambito del progetto O.R.A., con incontri e laboratori ha lavorato per un anno con i ragazzi delle scuole superiori di quattordici città metropolitane. «Ci hanno proposto manifesti di mobilità sostenibile e ne abbiamo selezionati dieci che presenteremo al ministro delle Infrastrutture Enrico Giovannini e poi consegneremo alle amministrazioni cittadine». Alcuni sono bellissimi, racconta con orgoglio Marisa Parmigiani: in una cittadina della Sicilia gli studenti hanno mappato tutto quello che manca, dalla segnalazione della fermata dell’autobus alle rastrelliere delle biciclette, ad Alberobello hanno riqualificato i vecchi tratturi da trasformare in vie alternative per la mobilità dolce. Quanto alle città, è convinta la manager, serve più coraggio da parte dei sindaci: «Più aree con limite a trenta all’ora, strade dedicate alle bici in certi momenti del giorno. Siamo in contatto con Rotterdam. È il nostro modello e non è irraggiungibile».

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