Lo scrittore Giuseppe Montesano: «Ragazzi, il catcalling è da sfigati. Al gioco della seduzione si deve essere invitati»

Fischiare o pestare il clacson o rumoreggiare o gesticolare quando per strada passa una ragazza? Viene in mente una di quelle commedie all’italiana in uno slavato bianco e nero, con improbabili maschi in genere romaneschi che fischiano, si offrono come accompagnatori in un inglese tragico e fanno apprezzamenti patetici rivolti alle turiste americane. I fischianti di quei film erano considerati dalle turiste perfettamente italiani, divertenti perché bellocci e folcloristici, e il modo di fare delle turiste americane, sempre biondissime, somigliava molto a quello dei bianchi sbarcati su un’isola selvaggia che si divertono indulgenti a vedere gli indigeni cafoni e inferiori e volgari: ma erano film di un secolo fa. Un altro mondo, si pensa.

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E invece sembra che il fischiare e mugolare e gesticolare per strada quando passano delle ragazze stia tornando, travestito sotto il termine modaiolo di catcalling. Suona bene, catcalling, no? Ma si dà il caso che catcalling indichi un richiamo sotto forma di fischio per gatti e cani, un richiamo all’obbedienza ai padroni che ormai in inglese segnala un vasto repertorio di molestie, non fisiche ma verbali e gestuali. E, a parte ciò, il fischiare e sbraitare non piace per niente a ragazze e ragazzine, che vogliono sfoggiare toppini seduttivi e jeans strettissimi senza essere catcallinghizzate come animali domestici.

DAVVERO LO FANNO?

Che dire? A me scrivendo veniva a questo punto poco da dire, se non che le ragazze hanno ragione e basta. Ma poi ho pensato che avrei potuto chiedere lumi al mio amico scrittore L.M., uno che le donne considerano affascinante, forse soltanto perché sa ascoltarle. Lui, che ha qualche anno più di me anche se lo nega, ricorderà i fischi per strada, e forse potrà dirmi qualcosa sul catcalling. Solo che L.M, alla mia domanda, si è messo a ridere. «Ma dài, e davvero lo fanno? I maschi fanno questo e peggio? Oggi? Ma sono degli sfigati! Oggi? Oggi che tra i giovanissimi tutto avviene in modo fluido, e ragazze e ragazzi possono dire no o sì o forse senza problemi, perché fiorisce l’abbondanza di amori, amoretti e amicizie amorose, proprio oggi tu sostieni che c’è gente che fischia alle donne? Gesù! Sai, secondo me non è vero. I giornali esagerano, fanno di un pelo una trave, spesso quando vedo certi titoli io non ce la faccio e salto tranquillamente la pagina… Ah, tu dici che faccio male a saltare le pagine, e che è proprio vero? E che ‘sti tizi usano anche i social per inveire contro le donne, con frasi violente, oscene e pure sgrammaticate? Mah…».

A questo punto L.M. si è fatto pensieroso, e dietro la mascherina ha guardato il triste aperitivo da asporto che ci eravamo portati sul muretto del lungomare. «Non capisco… E il divertimento della civetteria? Gli sguardi sotto le ciglia, il lieve volgersi della testa, il sorriso che sembra rivolto al nulla? Ma poi, per giocare al gioco della seduzione, bisogna essere invitati, solo allora il gioco comincia, e comincia la deliziosa scherma erotica… No, non capisco! Solo chi è morto dentro non lascia mai volare un breve sguardo affascinato sulla danza delle passanti, ma è uno sguardo che si vede e non si vede, fugace come un battito di palpebra: la bellezza ti ha travolto e tu le rendi omaggio, ed è il massimo che puoi permetterti. Il resto è squallore, non rispetta le regole del gioco del desiderio, e mostra solo sopraffazione. E la sopraffazione è orribile, perché toglie alle donne la libertà di esprimere attraverso il corpo se stesse. E alla fine la sopraffazione toglie libertà a tutti. Sai che penso? E se quei maschi avessero paura proprio della bellezza che libera dalla prigionia dell’abitudine? E se quei poveracci temessero proprio la seduzione e l’erotismo? Sarebbe tremendo, perché chi ha paura di questo è represso e infelice, e semina il male che appesta sensibilità e intelligenza…». E io, alle parole di L.M., sono rimasto a lungo a meditare guardando il mare, perduto nella danza lenta delle passanti da cui arrivava il dolce sentore primaverile dei profumi femminili.

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